Home News Sulla Strada di Solo Biasso, recensione

Sulla Strada di Solo Biasso, recensione

97
0
Sulla Strada

Con Sulla Strada, Solo Biasso firma il suo primo disco a nome proprio, ma più che un esordio solista, si tratta di una messa a fuoco. Un album che non grida, non corre dietro al consenso, non cerca scorciatoie. È rap d’autore, consapevole, che affonda nel vissuto e si sporca con la realtà. Un lavoro che si muove tra il boom bap e la scrittura evocativa, tra la poesia urbana e l’esigenza di restare umano in un mondo disumanizzato.

Registrato e curato insieme a un piccolo nucleo di produttori fidati – Tak, Giacomo Nardelli, Dario Castelli e Dario Migali – l’album è il risultato di una visione collettiva che resta però profondamente personale. Nove tracce che esplorano solitudine, memoria, amicizia, crescita, con uno sguardo lucido ma mai cinico, capace di raccontare Roma senza ricalcarne i cliché.

Sulla Strada, un disco rap, ma anche un diario interiore

La forza di Sulla Strada sta tutta nella scrittura. Biasso non si limita a “raccontare la città”, ma la usa come spazio mentale, come cornice per riflessioni intime e non mediabili. Ogni pezzo è legato a un volto, a un luogo, a un frammento di vita reale. In “Il Bandito e il Campione” si parte da un saluto affettuoso di un pusher di fiducia per arrivare a un brano che unisce De Gregori, Central Cee e il tema della fuga. In “Notti Belle”, l’amicizia non è una posa, ma una memoria calda che resiste al tempo.

Anche quando i beat picchiano duro, Biasso rimane fedele a una poetica dell’incompiuto, dell’imperfetto, del fragile. Non c’è narcisismo, non c’è posa, solo una ricerca costante di verità emotiva. È un rap che non si chiude nella tecnica, ma la piega alla necessità di comunicare qualcosa che pulsa, che scotta, che vive. Ogni barra è scritta per scavare, non per impressionare.

Boom bap contaminato e cura artigianale del suono

Dal punto di vista sonoro, Sulla Strada trova un equilibrio raro tra coerenza e varietà. Tak e Nino (Giacomo Nardelli) creano un impianto analogico-urbano che suona solido ma vivo, con strumentali che alternano durezza e sospensione. Il brano che dà il titolo all’album è un manifesto di questa filosofia “duro-morbido”, dove la batteria risuonata da Tak e i dettagli suonati da Nino creano un tappeto perfetto per la riflessione.

Le produzioni di Dario Migali e Dario Castelli alzano la temperatura emotiva del disco, portandolo su territori più viscerali e meno “quadrati”. Ma il filo resta unico: c’è un’idea di suono, di coesione, di direzione. È evidente che non si tratta di un disco messo insieme per caso, ma di un lavoro in cui ogni scelta è passata al vaglio dell’intenzione e dell’ascolto reciproco.

Immagine-WhatsApp-2025-06-03-ore-19.12.27_6ed97559-1024x1024 Sulla Strada di Solo Biasso, recensione

Conclusione: un disco che non urla, ma resta

Sulla Strada non è un progetto che ti cattura al primo ascolto per la sua immediatezza. È un disco che chiede tempo, spazio, attenzione. Ma se ti ci fermi davvero, scopri un artista che ha qualcosa da dire, e lo fa con profondità rara. In un’epoca dove spesso forma e algoritmo dominano il contenuto, Solo Biasso sceglie la via più impervia: quella del significato.

Sulla Strada è un che non cerca il centro della scena, ma trova il suo senso ai margini, tra le pieghe della vita vera. E forse proprio per questo resta. Come certe frasi che non si capiscono subito, ma che tornano in mente quando serve. Come certe strade che non portano da nessuna parte, ma che ti cambiano comunque.