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Lanz Khan e Sick Budd, l’Arte racchiusa in un Jack Di Quadri. L’intervista

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Lanz Khan e Sick Budd hanno pubblicato Jack Di Quadri, seguito di Jack Di Fiori. L’album è strutturato in 14 brani e presenta le collaborazioni di NeroneMurubutu, Dj SkizoEn?gmaJangy Leeon, Incis ZONEAxosDj Double S, Truman Simbio, LexotanDani Faiv.

Il disco, non vuole porsi come una sorta di secondo capitolo della saga, quanto rappresentarne un’estensione credibile in tutte le sue sfaccettature. Non a caso, il grafico è lo stesso che ha realizzato il concept visivo di Jack Di Fiori.

Lanz Khan è da sempre un rapper fuori dagli schemi, artista che rappresenta una combo letale fatta di skill, punchline, una scrittura profonda, ricca di figure retoriche e una profondità imponente.

Il tutto, rivisitato in una chiave che affonda le sue radici nella cultura street. Il rap di Lanz Khan è un cinema di strada, che scava nella letteratura ed innalza la poetica del rap. Sick Budd cuce i tappeti adatti a Lanz Khan, riuscendo a trovare delle chiavi in perfetta sintonia con le esigenze del rapper.

Il risultato finale è una commistione di affinità che non lascia indifferenti. Ho avuto l’opportunità di intervistare Lanza Khan e Sick Budd per farmi raccontare retroscena e chicche riguardo all’album. Prima di passare all’intervista, schiaccia play e goditi il nuovo progetto targato Lanz Khan e Sick Budd!

Ciao Lanz Khan e Ciao Sick Budd, benvenuti! Jack di Quadri è il vostro nuovo progetto. Cominciamo dal titolo: perché avete scelto proprio il Jack, e cosa rappresenta questo simbolo per voi?

LK: Perché – rispetto al Re ad esempio – il Jack è ancora un personaggio in evoluzione. A parte che il Re è troppo autoreferenziale, poi Jack suona anche meglio. Il Jack è un personaggio molto meno definito rispetto agli altri, quindi, anche in tal senso, me lo lascia interpretare nella maniera più varia possibile.

Sick Budd, da cosa sei partito per la costruzione dei beat? Ti lasci guidare dall’istinto o prevale lo studio analitico?

SB: La parte analitica prevale nella tua coscienza, nel momento in cui hai ascoltato una marea di dischi che ti permettono di avere quelle conoscenze tali per cui puoi avere le giuste reference e i riferimenti stilistici adeguati dal punto di vista musicale, di quello che è il momento attuale per un certo tipo di rap.

La parte istintiva, fondamentalmente, prende il sopravvento nel momento dell’atto creativo. La risposta esatta è avere una buona dose di entrambe, in base alla situazione, ovviamente, e trovare il giusto equilibrio tra istinto e parte analitica.

La parte istintiva ti aiuta a far sì che quello che proponi non sia un qualcosa di già sentito, mentre il lato più riflessivo e ragionato, parte dal presupposto di avere alle spalle degli album o degli ascolti di un certo tipo, o comunque di saper arrivare tecnicamente ad un obiettivo preciso.

Riguardo alle collaborazioni, come avete scelto l’ospite adatto a quel tipo di canzone, sia per il sound che per il contenuto?

SB: Noi fondamentalmente abbiamo un parterre di amici e conoscenze molto bravi a rappare. Questo era il requisito fondamentale per essere chiamati nel disco. Poi, abbiamo scelto in base al mood e all’ispirazione che ci dava il pezzo.

Via via mandavamo le tracce da far sentire e onestamente siamo riusciti a chiudere tutte le collaborazioni che avevamo in mente, grazie anche al fatto che il progetto presentava una qualità molto alta e tutti avevano voglia di partecipare. Si è creato un percorso, un ciclo.

LK: Escluso qualcheduno, tutti gli artisti fanno parte della nostra cerchia di amicizia, o di quei rapper con cui avevamo un rapporto artistico già da tempo.

Non volevamo riproporre gli stessi nomi di Jack Di Fiori. L’unico presente in entrambi i progetti è Lexotan, che però in questo caso si è limitato a comporre ritornelli.

Di volta in volta, individuato chi convocare, traccia per traccia, io e Buddy siamo andati a selezionare i feat, in base a quale contenuto o beat, potesse essere calzante per quel tipo di rapper.

Abbiamo trovato una giusta sintesi, chiedendo anche ai vari artisti quale brano potesse gasare o essere funzionale per le capacità espresse. Ci ha fatto piacere che hanno partecipato tutti, non perché dovevano farlo, ma per puro piacere di esserci.

Ogni artista ha elaborato delle strofe grosse ed ha affrontato il pezzo nella maniera giusta. I feat non sono stati solo una copertina, hanno contribuito davvero alla bellezza dell’album. Tutti si sono impegnati.

SnapInsta.to_271815685_1383824528715793_4565008724143955818_n-1024x1024 Lanz Khan e Sick Budd, l'Arte racchiusa in un Jack Di Quadri. L'intervista

Soffermiamoci sul brano  Kandinskij  Depresso.  Kandinskij  vedeva il colore come un qualcosa che ha un impatto diretto sull’anima. Vi chiedo: quali sono i colori ideali di Jack Di Quadri?

LK: Questa è una bella domanda! Ce ne sono tanti, ma per me, se guardi la cover, hai la risposta. Nella copertina, i colori sono vari, ma hanno una strana armonia, nonostante le tonalità, spesso diverse. La cover è l’immagine esatta di come suona il disco.

Quello che hai appena enunciato di Kandinskij, per me è un principio che funziona anche nella scrittura. Le parole e i suoni, hanno dei colori, giustamente. Kandinskij l’ha presa al contrario; è partito dalla musica e l’ha fatta diventare pittura. Io cerco di proporre l’opposto, ovvero far diventare pittura le mie parole.

In Collana di Perle c’era il brano Kandinskij innamorato, quindi Kandinskij  Depresso, non è tanto la parte due, quanto l’erede dove prendo un po’ quel concept e lo stravolgo perché visto da un’altra prospettiva. È un elemento che ritorna nel mio percorso.

Anche il mio nome su Instagram è ispirato a Kandinskij. Ho questa reference che per me è sostanziale, non solo estetica.

Io però ho notato che il giallo è un colore preminente

LK: Si, infatti il vinile, non a caso, sarà giallo! Anche il rosso è preminente, difatti l’ultima traccia si intitola Rosso Plastica. Rosso è il divano gufram su cui è posata la tigre de La Tigre Sul Gufram. Il brano parla del fuoco che rimanda sempre al colore rosso.

La tigre è di colore bianco. Il pezzo con Axos, per me, ad esempio, rappresenta perfettamente i colori blu e grigio, due colori che trovi nella cover. Taggo Sul Duomo, presenta l’oro della Madonnina e il buio della notte.

Effettivamente, l’album è contornato da tanti colori e molteplici sfumature. La sintesi finale, è quella che trovi nella cover. Se ascolto Jack Di Quadri su Spotify o YouTube con la copertina davanti agli occhi, trovo che la cover sia perfetta, non so come dire. La copertina ci sta troppo bene perché segue perfettamente quel mood narrativo. Trovo che sia appagante.

SnapInsta.to_504372006_18508690093041285_7998461451927891016_n.jpg Lanz Khan e Sick Budd, l'Arte racchiusa in un Jack Di Quadri. L'intervista

L’amore è da sempre un contenuto molto caro alla musica italiana. Nell’album, si narra di amore, ma sempre in chiave erotica, poetica, e mai banale o pop. Come valutate il rapporto del rap italiano con questo sentimento? 

LK: Faccio partire Buddy, che anche se non ha scritto le barre, ha messo in piedi lo scenario d’amore su cui sono costruite le rime.

SB: Nonostante se ne parli da millenni, bisogna sempre trattare questo argomento poiché si sviluppa costantemente in maniera diversa, in base a situazioni differenti, culture diversificate.

Questo disco è un gesto d’amore e un segno d’affetto per questa cultura. L’amore si dimostra attraverso varie sfaccettature. Poi chiaro che c’è l’amore cosiddetto comune, basato sulle relazioni.

Amore, per come la vedo io, è una parola che rappresenta tante cose.

LK: Vero, tratto di amore nel disco. Avviene in questo progetto, dato che molto spesso, anche la musica, si presta a questo tipo di contenuto. Sicuramente, in questo album – rispetto ad altri che ho concepito – esiste una chiave maggiore di amor profano, per cui anche le tipologie di immagini da assimilare, sono differenti.

Personalmente, non so cosa sia l’amore, o meglio, possiamo partire da una definizione Dantesca che lo vedeva come l’energia Madre che muove tutto. Amore è la forza che sta alla base dell’essere umano. Serve un rapporto viscerale con questa potenza.

Il mio percorso mi porta a tradurre questa energia in pezzi di un certo tipo, ma tutto ciò rende comunicabile quello che fai. Al di sotto dei colori, delle parole, dei suoni, deve arrivare un qualcosa che tutti abbiamo in comune e possiamo capire e comprendere.

Un sentimento come l’amore, rappresenta la forza che hai immesso nel tuo atto creativo. Non solo perché ne parli, ma perché lo hai portato a compimento con amore.

L’amore è anche un’attenzione verso qualcosa, e uno svuotarsi per riempirsi nuovamente di sensazioni ancora più incredibili. Il processo è doloroso, ma meraviglioso. L’amore è fondamentale.

Per quanto riguarda il come viene affrontato nella musica italiana, cosa devo dirti; c’è chi è in grado di farlo divinamente e chi lo tratta da discount. Questo avviene sempre.

Nel rap italiano, sicuramente ci sono esempi di artisti che sono stati in grado di scrivere parole d’amore meravigliose, così come esiste chi ha avuto il “coraggio” di scrivere delle stronzate pazzesche.

SnapInsta.to_271823703_937554907126570_20691292426581043_n-1024x1024 Lanz Khan e Sick Budd, l'Arte racchiusa in un Jack Di Quadri. L'intervista

Sick Budd, entriamo dentro Rosso Plastica, brano che è un puro flusso musicale. Mi spieghi il concept, la gestazione e perché lo hai scelto come outro?

SB: In realtà, avevamo una selezione di beat inerenti al progetto e che presentavano un forte legame con l’atmosfera e le produzioni di quest’album. Ho attinto qualcosa da questa cartella per riuscire a creare una separazione a metà e nella chiusura. Lo stesso modus operandi che abbiamo ricalcato in Jack Di Fiori.

In questo senso, il beat di Rosso Plastica, si presentava benissimo per un outro, specie se rivisto e rivisitato in un formato più breve. In questo senso e così composta, la strumentale, riesce a darmi quel senso di chiusura definitivo.

LK: Il titolo gliel’ho conferito io ed è ispirato ad un’opera di Burri. Lui utilizzava anche la combustione come arte. Questo tappeto musicale, presenta un sapore di fiamme spente alla fine del percorso, quell’atmosfera di pace conclusiva che però non sai a cosa porta, anche se non è una fine definitiva, perché si incanala in un nuovo lavoro.

Questi interludi, come ha già spiegato Sick, sono posti in dei punti strategici, soprattutto per essere posizionati alla fine dell’ascolto di ogni lato del vinile. Quindi dopo aver ascoltato metà disco, hai questo momento che ti fa prendere un po’ di respiro, perché comunque è un album che cavalca e corre.

Io rappo in maniera impetuosa, per cui ci sta. Spezzi un attimo, pulisci leggermente le orecchie e riparti subito dopo. È studiato proprio per accompagnare quel tipo di ascolto.

Tutto questo favorisce l’estro del produttore, in modo tale che anche lui partecipa in maniera più completa.

Il writing è strettamente interconnesso al progetto. Come ne valutate l’evoluzione in Italia? In questa disciplina esistono differenze tra la Golden Age e l’epoca odierna?

LK: Come hai ben detto, il writing è una disciplina molto presente nel disco. L’album, essendo fortemente focalizzato sul concept artistico, non poteva scindere dal writing, che è da sempre una mia forte passione.

Si passa da Taggo Sul Duomo a Streetcubismo, due brani pieni di riferimenti del genere, ma anche ad altri pezzi che ne contengono i sentori.

Ho praticato il writing da ragazzino e l’ho ripreso un po’ più avanti, ma non è mai stata la mia vera disciplina. La mia espressione trova più fortuna altrove, però ci tenevo che ci fosse.

In passato, avevo già creato pezzi celebrativi rispetto a questa forma d’arte per come la vedo io, penso ad esempio ad Inganni con Dj Dropsy, che è un writer leggendario dei Ckc.

Adesso, sicuramente, il writing italiano è una disciplina ancora in forma, ma chiaramente, ci troviamo dentro un periodo storico complesso. È sempre più difficile dipingere senza conseguenze, dato che Milano è una città di grandi eventi, e quando arrivano, si lavora tanto in senso repressivo.

Non è semplice, ma tutto ciò, fa parte della natura stessa del writing. Il writing è sempre stata una forma espressiva complessa e contradditoria per certi versi, che si inserisce nella cultura contemporanea, attraverso un modus operandi “traumatico”. Nel momento in cui il writing diventa museale, non è più sé stesso.

Questo è un grattacapo onnipresente nel mondo dell’arte. Cioè: qual è lo statuto artistico del writing, se ce l’ha? Non si sa, o meglio, ognuno mette la sua.

È un dibattito meraviglioso. Spero che questa forma d’arte, abbia sempre più vita, adrenalina e stimoli nuovi perché è una delle robe che preferisco. Amo il writing, penso sia una figata pazzesca. Posso concludere qui.

SnapInsta.to_272163305_1463414307387529_5035366939012893885_n-1024x1024 Lanz Khan e Sick Budd, l'Arte racchiusa in un Jack Di Quadri. L'intervista

Quindi percepisci ancora una forte censura nei confronti del writing italiano?

LK: Guarda, da un certo punto di vista, si, ovviamente. Da altre prospettive meno, perché è un linguaggio che è stato compreso maggiormente. Molti artisti italiani, sono arrivati a dei livelli di creatività e professionismo estremamente alti.

Il writing, in Italia, è influente. È chiaro che, però, nella sua manifestazione maggiormente spontanea e genuina – ossia quella in strada, dove ci sono ancora i bomber – viene repressa e fa discutere. Il writing, presenta questo doppio aspetto.

Il fatto che esista la repressione è insito nella natura stessa del writing, per cui non voglio dire che è un bene, ma è il prezzo da pagare in questa forma d’arte.

SB: Lo stesso discorso vale per la musica.

LK: Esatto. È una forma d’arte che sicuramente presenta al suo interno una componente di sfida, quindi se la sfida è tale, deve esserci anche del rischio.

Sick, secondo te, ad oggi, i produttori italiani, sono riusciti ad avere un sound identitario? Quali sono i punti di forza e quelli deboli dei producer nostrani?

SB: Domanda complessa. La produzione, secondo me, rappresenta il vero problema delle pubblicazioni discografiche del rap italiano. Soprattutto, ad un certo punto, è avvenuto uno stacco netto con i produttori nuovi che non sapevano cosa volesse dire campionare una canzone, rispetto a tutti noi che siamo cresciuti con quell’impronta.

All’epoca nostra, il sample era necessario per approcciare a questo mestiere. Se parli con un produttore giovane oggi, ti ritrovi spesso a confrontarti con una persona che non ha idea di cosa voglia dire, nella fattispecie, campionare un brano, in relazione alla cultura hip hop, non in generale.

In questo senso, mancano dei riferimenti, perché si è ceduto il passo ad una cultura commerciale. Oggi vengono meno la voglia e la necessità di creare un proprio stile, per cui esistono tanti produttori che si assomigliano e si sono semplicemente adeguati al mercato attuale.

È lo scotto da pagare, il rovescio della medaglia, nel momento in cui questa cultura diventa mainstream. I producer non cercano più un proprio linguaggio.

LK: C’è tanto livellamento in orizzontale.

SB: Se questa cultura musicale fosse rimasta nell’ underground e la lasciavi in quel contesto lì, oggi avremmo ottenuto una parte maggiormente legata all’arte. Nel mainstream, entrano in gioco innumerevoli fattori.

Faccio fatica quando sento dire: “questa è una roba nostra, italiana” perché fondamentalmente credo che manchi un background di fondo che ti permetta di manovrarla ed utilizzarla sapientemente. Molte volte, si tende ad edulcorare il suono con il mondo pop.

LK: Forse oggi c’è qualcuno che rischia un pochino in più, ma per lungo tempo, si è cercato di riempire l’insieme dello scatolone rap con tutta una serie di elementi che sono quelli del pop, dato che si voleva portare il rap ad un pubblico più ampio. Gli ascoltatori italiani, chiaramente, hanno dei limiti evidenti col rap.

Questa cosa di inglobare il rap col pop, ha conferito popolarità al genere e ad alcuni prodotti, però allo stesso tempo è stato tutto troppo snaturante, e con questi canoni precisi, non poteva durare per sempre.

In quel momento drastico, è mancato il coraggio e forse anche il tempo di dare a questo genere la possibilità di svilupparsi a modo suo in Italia.

Il rap italiano non può essere la copia di quello americano, ma neanche la carta carbone del nostro pop. Oggi, noto degli spazi diversi, penso ad esempio ai lavori di Sick con Silent Bob.

Lo vedo come uno sviluppo mega coerente del rap con però una narrativa e degli aspetti, non italiani a 360 gradi, ma molto localz, e questa cosa mi piace.

Sick con Silent interpreta nella maniera giusta e crea delle prod super orecchiabili, ma anche estremamente hip hop. Quello è un esempio di evoluzione credibile e di un aspetto rap che ha avuto il suo tempo di gestazione, di comprendersi e di trovare una sintesi accattivante.

Oggi c’è qualche apripista che funge da esempio e fa storico in tal senso. Ovviamente, non è solo questo il trend, però io noto qualcosina di differente.

SB: Devi trovare una formula adatta. Personalmente resto legato alla scena dei produttori americani. Hanno sempre un passo in avanti su tante robe, anche perché vi è un’ampiezza di mercato completamente differente.

LK: In America, tanti fanno ricerca artistica sul suono e sul gusto.

Avete raccontato che a settembre ci sarà una mostra dedicata all’opera, ma riguardo ai live come li coniugate al progetto? Qual è il metodo vincente per far risaltare un album come Jack Di Quadri dal vivo?

SB: Bella domanda, ma al momento non so rispondere perché partirà tutto da Settembre in poi, è un processo in divenire.

LK: Al momento ci siamo concentrati sul progetto ed era importante farlo camminare sulle sue gambe e farlo recepire. Siamo partiti dal vinile e poi a Settembre ci sarà la mostra che sarà un evento notevole. Il live potrebbe acquisire spessore con tante suggestioni visive.

Non è nulla di nuovo, però dato che la componente visiva è preminente nel concept del progetto e rappresenta una controparte decisiva da Jack Di Fiori ad oggi, secondo me la ricchezza in più del live sarebbe una performance grafica attraverso un viaggio di immagini, anche animate, che possa accompagnare il tutto e conferire ulteriori suggestioni e significati.