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Primate: quando il suono diventa rito collettivo

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Nel panorama musicale contemporaneo, dove spesso la velocità prevale sulla profondità, Primate emerge come un progetto capace di restituire alla musica il suo valore più autentico: quello rituale, tribale e collettivo.
Frutto della collaborazione tra FiloQ e Primate, l’album omonimo è una ricerca sonora che attraversa hip hop, funk e world music, fondendo radici ancestrali e sperimentazione moderna. Un lavoro che non si limita a far muovere il corpo, ma invita a ritrovare l’essenza del suono come linguaggio primordiale.

Un viaggio tra groove, spiritualità e identità sonora

Primate” nasce da un’esigenza chiara: riportare l’ascoltatore dentro il groove, in un’esperienza fisica e mentale. Ogni traccia diventa un battito collettivo, una danza che richiama le origini della musica come forma di comunicazione e cura.
Come spiega Primate nell’intervista, il progetto prende ispirazione dai boschi della Val Camonica, culla di incisioni rupestri e suoni tribali, dove il solco sul sasso diventa metafora del solco sul vinile. Un parallelismo che restituisce alla musica il suo potere originario: trasmettere messaggi profondi senza bisogno di parole.

Musica come medicina: l’arte che guarisce

Per il duo, il concerto non è solo spettacolo, ma rito collettivo.
Non un luogo in cui registrare video con il telefono, ma uno spazio in cui artista e pubblico si fondono in un mantra sonoro, liberi dalle logiche dell’industria e dalla corsa alla fama.
Come sottolinea Primate, “la musica è medicina e deve far stare bene chi ascolta come chi suona”.
Un messaggio potente che si oppone alla musica di consumo, fatta per vendere più che per emozionare. Qui, la musica torna a essere autenticità, connessione e benessere.

Tra Africa, funk e spiritualità: il ritorno alle origini

L’album attraversa sonorità africane, berbere e funk, reinterpretate con un approccio rispettoso ma personale.
L’Africa non è un semplice riferimento estetico, ma un simbolo di potenza vitale e ancestrale, un continente che continua a parlare attraverso il ritmo e il suono.
Primate e FiloQ hanno costruito un ponte ideale tra passato e presente, evitando la semplice citazione o la “coverizzazione” delle radici. Il loro viaggio sonoro invita a perdersi per ritrovarsi, a scoprire l’essenza della musica come linguaggio universale.

Il simbolismo nella musica e la frequenza dell’anima

Tra i temi centrali dell’intervista, emerge anche il ruolo del simbolismo musicale.
Ogni frequenza, ogni suono, diventa un codice capace di raggiungere le zone più profonde dell’essere umano, agendo oltre la razionalità.
Primate spiega come la musica possa lavorare a livelli metacognitivi, evocando emozioni e ricordi senza bisogno di parole.
In un mondo dove il rumore della metropoli prevale sul silenzio dei boschi, la ricerca di un suono “puro”, simile a quello della natura, assume un significato ancora più urgente.

Testi e contenuti: l’importanza della sostanza nel rap italiano

L’intervista tocca anche lo stato attuale della scena rap e hip hop italiana, dove — secondo Primate — l’urgenza comunicativa spesso lascia spazio alla superficialità.
L’artista denuncia una produzione musicale rapida e bulimica, dominata dai social e dai format brevi, che rischia di svuotare la parola del suo potere.
Nonostante questo, riconosce la presenza di nuove promesse e talenti che continuano a lavorare con dedizione e contenuti veri, portando avanti una visione artistica coerente e profonda.

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INTERVISTA PRIMATE PER CLUB HIP HOP A CURA DI TIZIANO CASTALDO

1) Ciao Primate e grazie! PRIMATE è il vostro primo disco. Qual è stata l’esigenza specifica che vi ha portati a concepire il progetto?

Io e FILOQ collaboriamo da  anni in vari progetti. Ci appassiona la world music, il funk e l’hiphop e questo progetto non poteva che essere la logica conseguenza. In oltre ci manca nella musica moderna la volgia di rimanere fermi su un groove per far muovere la testa a chi ascolta.

2)  un graffio lasciato su un sasso, impronte di passi di un’antica tribù: il progetto nasce da queste sfumature. Cos’ è il suono nella sua essenza primordiale?

Da Camoono non ho potuto non cogliere il parallelismo tra il solco sul sasso e il solco del vinile. Entrambi veicoli per mandare un messaggio. Il suono in quest’ottica è lo strumento che porta il messaggio e deve per necessita essere massiccio e profondo. Mi immagino i boschi della Val Camonica pervasi dal suono gutturale delle tribù che cantano intorno al fuoco.

3) L’album vuole focalizzarsi sul concedere alla musica il valore di atto rituale collettivo. In realtà, di rituali collettivi ne vedo molti ultimamente, ma spesso i concerti fungono esclusivamente da intrattenimento. Che significato date voi al rituale collettivo?

Il concerto per noi non è mai stato un contenitore dove, telefono alla mano, il pubblico registra un cantante che sul palco cerca di diventare famoso con ogni mezzo. Per me la musica è medicina e deve far stare bene chi ascolta come chi suona. Il rituale si manifesta quando il pubblico entra nel loop creato consapevolmente dall’artista e si ritrova a partecipare ad un mantra sonoro. Non è importante a quel punto la fama di chi è sul palco. La consapevolezza di chi suona e la voglia di partecipare di chi ascolta diventano le due facce della stessa medaglia, Nel qui e ora.

4) Le origini come background da rimembrare. In cosa consiste l’evoluzione credibile e come trovare il giusto equilibrio tra vecchio e nuovo?

Il tema è molto interessante. Da un lato il nuovo nasce nel vecchio dal quale muove i primi passi e poi si trova necessariamente a rinnegarlo mentre dall’altro il vecchio rimane come paragone involontario che crea a volte conflitti. Il processo credo sia inevitabile e necessario. Soprattutto in un mondo come il nostro dove il rituale di apprendimento di qualsiasi cosa arriva da un analisi storica del pregresso. L’equilibrio penso sia nel non giudizio. Il vecchio mi serve tanto quanto il nuovo per creare la mia storia.

5) Oggi la musica fa muovere corpi, ma raramente cura l’Anima. È più colpa dell’industria, del pubblico o degli artisti, produttori e management vari?

I social e i vari talent danno un messaggio preciso. La musica è un veicolo per la fama. Suona o canta per diventare famoso. In questo si è cancellato il significato più profondo della musica. Non si rappa o suona per diventare famosi. Lo si fa perchè nasce da un esigenza, da un dolore, da un emozione. Se nasci come musicista nel mondo di oggi passa implicitamente il messaggio che fai qualcosa per avere. Fama, views poco importa. Il punto è che tu fai per essere. O meglio, fai perchè sei. Quello che viene dopo è completamente ininfluente. La produzione musicale cosi concepita da manager, etichette, o dall’industria più in generale ha come focus il produrre un opera che venda. Non che emozioni. Il pubblico per trovare la musica che cura deve sforzarsi molto di cercare che se vuoi è molto bello e interessante. Ti cerchi tu la cosa nutriente e buona per te. Se ci fossero solo MC Donalds disponibili, per trovare un buon piatto di pasta fatto bene dovresti cercare casa per casa, bussando a ogni porta. Molto interessante da fare ma non immediato. Il risultato della musica di fretta è che non deve dare emozioni realmente profonde, in modo che tu rimanga nello stato del  desiderare. La musica che appaga ti porta a un orgasmo interiore. Alla soddisfazione e al benessere. La musica di consumo ti lascia con lo stesso vuoto che avevi prima di ascoltare.

6) Avete scelto il Larice e la Luna come elementi cardine per descrivere l’album. Il simbolismo nella musica che ruolo riveste secondo voi? Credete che la musica a 440 hz possa condizionare le masse?

La musica è un paradosso di codici. Tu puoi capire la mia musica anche se non conosci il linguaggio musicale. Di conseguenza io posso raggiungere zone del tuo essere senza usare la parola portandoti li senza una tua reale consapevolezza.  Questo è uno dei grossi vantaggi che offre l’esperienza musicale. Il simbolo si muove sostanzialmente nello stesso modo. Vado a richiamare un tuo mondo interiore senza palesare la richiesta. Il simbolo ha questo potere evocativo che non richiede verbalizzazioni inutili e sovrastrutture culturali. Permette di lavorare a livelli metacognitivi portandoti a fare un viaggio in un posto dove da solo non saresti mai andato. La musica religiosa ti muove a 432 hz perchè quel tipo di vibrazione impatta sulla vibrazione delle nostre cellule. (cerco di evitare discorsi mistici o fisici per brevità); similmente un altra frequenza rischia di avere effetti meno “buoni”. In ogni caso mi sembra evidente che il suono di un bosco è molto più salutare di quello di una metropoli. Il livello di condizionamento credo sia molto flebile. Sicuramente concorre al senso di ansia e stress generale.

7) Cultura black, Africa Berbera, Funk. Siete andati alla ricerca di sound selvaggi, che fluttuano perfettamente con dei contenuti potenti. Qual è il messaggio che volevate lanciare?

Il viaggio deve portarti in terre inesplorate dove ancora perdersi significa in qualche modo trovarsi.
Sia per me che per Filo il richiamo dell Africa è molto forte. E’ sicuramente un continente molto sofferente e pieno di contrasti profondi,spesso creati proprio da noi uomini bianchi. Ma li sotto, nei fiumi, nei deserti, nelle città risuona un suono che va fatto conoscere. C’e’ una potenza ancestrale che abbiamo cercato di mettere in musica senza coverizzare. Dando solo il nostro punto di vista. Il messaggio vuole essere che non sempre quello che vedi è tutto quello che c’e’. A volte devi andare lontano per sentire davvero la vita.

8) Sempre meno ascoltiamo progetti instrumental. Oggi le parole vengono utilizzate con superficialità e spesso non rendono giustizia al beat o alla strumentazione acustica. Come valutate lo scenario testuale in Italia al momento?

La bulimia musicale da social ha permesso di pubblicare tonnellate di canzoni ogni giorno. Questo satura gli spazi. Purtroppo per ogni canzone brutta non se ne riesce a fare una bella. Ne consegue che nel panorama musicale sia difficoltoso trovare testi fatti bene. Sul bello e brutto fatico un po’ nel senso che poi cado nel gusto personale e da anziano le tematiche musicali dei sedicenni di oggi mi interessano proprio poco. Nel mondo dell’ hiphop sono sempre stato molto legato a rapper anche italiani dove il significato e la tecnica erano sempre molto ricercati. Ho iniziato ad ascoltare rap nel 1986 e da allora il mondo è cambiato e il raccontare questo mondo pure. Noto che i ragazzini moderni che scrivono spesso sono molto superficiali e si siedono sul filone che funziona. Ogni brano ha sempre più o meno le stesse tematiche e usa le stesse parole. Nel rap questo è sempre stato evitato come la peste. Il linguaggio di Danno, Ensi , Ghemon, Kiave , Salmo è specifico sia come temi che come vocaboli. Perchè quello era il lavoro da fare per diventare bravi.  La sensazione delle nuove leve è che ci si accontetni di fare un bel reel dicendo usando i 4 vocaboli del momento. Va detto che comunque anche nei giovani ci sono super promesse che lavorano duro. Ma come dicevamo prima per trovarli devi fare un po’ il porta a porta. Se apri Spotify di sicuro non ti basta una ricerca per trovare la qualità.

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