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Morningstar: il ritorno maturo e consapevole di Alex Cortez

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Morningstar

Morningstar è il nuovo album di Alex Cortez, un progetto che segna il ritorno di uno dei nomi più autentici della scena underground italiana.

Dopo oltre dieci anni lontano dal microfono, l’artista trevigiano torna con un disco che unisce introspezione, liriche adulte e un suono fedele al boom bap più puro. Morningstar è molto più di un comeback: è un manifesto personale, un viaggio attraverso emozioni contrastanti — rabbia, ironia, malinconia — che diventano materia viva di racconto.

Con la produzione di Morningstar curata da James Cella e collaborazioni di peso come Sab Sista, Mano, Flesha e Max Fogli, Morningstar dimostra che il rap può ancora parlare di vita vera, di crescita e di equilibrio, senza rinunciare alla tecnica e al groove. Cortez lo fa con lucidità e umiltà, raccontando la psicologia dietro ogni pezzo e l’importanza di accettarsi, fragilità comprese: “Siamo tutti dei Morningstar”, dice, ricordandoci che anche nelle nostre ombre può nascondersi la luce.

Abbiamo parlato con lui del processo creativo di Morningstar, del legame con le sue radici e del senso profondo di un ritorno che profuma di libertà, rispetto e verità.

Nel disco Morningstar alterni rabbia, ironia e intimità. È stato difficile mantenere un equilibrio tra questi registri?

Non solo non è stato difficile ma oserei dire del tutto naturale. Sono fasi che nella vita viviamo tutti i giorni, in ogni momento. Prendere questi stati d’animo, in alcuni casi anche come storie, è stato assolutamente normale. Di solito mi riesce più facile scrivere da arrabbiato, non so perché, chissà se è così per tutti?!

Qual è la canzone di Morningstar che ti è costata più fatica scrivere e perché?

Senza alcun dubbio “Incompleta”. La mia psicologa mi ha consigliato di farlo ma non sono riuscito a farlo subito. Ho scritto e cancellato mille strofe, mi ero convinto di non scrivere mai abbastanza per rendere orgoglioso il mio grande amico Gio.

Poi a un certo punto mi sono fermato e ho messo un punto, mi sono autoconvinto di aver fatto un buon pezzo e spero che sia così. Mi piace pensare che ovunque sia lui, ora, la stia ascoltando sorridendo e magari pensando che sono un fesso perché non dovevo farlo!

Anche se l’ho superata questa cosa ogni tanto vorrei ancora chiamarlo e fare quattro chiacchiere… mi chiedo se gli sarebbe piaciuto Morningstar.

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Collaborazioni come quelle con Sab Sista, Mano, Flesha e Max Fogli: come sono nate e cosa ti hanno lasciato?

Mano, Flesha e Max Fogli sono tutte persone fantastiche che conosco da anni. Con mano condividiamo anche un interesse professionale nel campo della grafica e delle letterine (lui è un mostro).

Flesha e Max su filoni diversi hanno un’attitudine e uno stile che mi è sempre piaciuto e ho voluto coinvolgerli in 2 pezzi diversi in cui hanno potuto a mio avviso essere sé stessi e dare il meglio. Sabsista è sempre stata una delle mie rapper preferite in gioventù, dai tempi dell’Areacronica.

Le ho chiesto umilmente se volesse partecipare, le ho fatto ascoltare qualcosa di mio vecchio e qualcos’altro di più nuovo e poi le ho proposto un argomento che le piaceva (il super beat di James Cella poi l’ha conquistata).

Le collaborazioni mi lasciano tanto, forse più delle mie strofe perchè sono sempre molto riconoscente a chi ha il piacere di mettere la sua firma in un mio progetto.

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Se dovessi spiegare a un ragazzo di 16 anni cos’è Morningstar, cosa gli diresti?

Gli direi che è un disco di alti e bassi, di cose tristi e cose divertenti, di storie e di riflessioni. Un viaggio per usare il rap come mezzo di espressione da adulti e consapevoli, coscienti del fatto che l’essere umano è una creatura imperfetta e piena di contraddizioni.

Gli direi che da ogni disco o pezzo si deve poter rubare un messaggio e da Morningstar dovrebbe portarsi a casa l’idea che dobbiamo accettarci così come siamo e pensare sempre con la giusta rabbia e positività a tutto. Non siamo mai al 100% buoni o al 100% cattivi. Siamo noi stessi.

Hai citato più volte l’importanza della psicologia nel tuo percorso. Quanto conta avere un supporto professionale anche nella vita di un artista?

Guarda, conta nella vita in generale, che tu sia un artista, un operaio o un impiegato. Credo che dovremmo avvalerci tutti di questa figura per aiutare a leggere nel modo corretto le situazioni. Tendiamo a estremizzare tutto e questo ci porta a situazioni borderline.

Spesso ci colpevolizziamo addossandoci colpe e portando fardelli che non solo non sono nostri ma non esistono.

A me è servito molto confrontarmi con una psicologa per rendere chiare zone in cui ero in ombra e so di averne ancora tante, siamo fatti così… siamo tutti dei Morningstar. Molti si vergognano a dire che vanno dallo psicologo ma è una cosa normale e in quanto tale spero venga sempre più normalizzata.

WhatsApp-Image-2025-10-09-at-13.31.15-1024x1024 Morningstar: il ritorno maturo e consapevole di Alex Cortez

Qual è l’eredità che speri di lasciare con questo album?

Sai io credo che nessun album lasci una vera e propria eredità. Nemmeno le pietre miliari, figuriamoci il mio! Penso che però lascino dei semi, dei piccoli semi che possono essere suoni o parole, possono essere dei ragionamenti interi o dei versi.

Io in ogni pezzo cerco di lasciare dei riferimenti che serve quasi parafrasare, mi auguro che vengano colti e capiti. Mi piacerebbe pensare che in queste 8 + 1 tracce chi ascolta riesca a rubare qualche seme e farlo suo, coltivarlo e magari creare qualcosa di diverso e ancora più bello.

Sei tornato in un momento storico in cui il rap è mainstream. Ti senti più vicino al sottobosco underground o a chi oggi riempie le classifiche?

Oggi e sempre ti direi che sono una creatura del sottobosco. Ci trovo più libertà e meno plastica, mi sento e mi sono sempre sentito a mio agio qui. Però ascolto con interesse anche le cose mainstream, mi interessa e mi appassiona capire le tendenze, come funziona lo show. Poi mai dire mai, non mi definisco un purista anche se la mia zona di comfort è sicuramente l’underground.

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Dopo questo disco, c’è un sogno musicale che non hai ancora realizzato?

Sai, questa è una domanda molto difficile. Probabilmente se pensassi a “sogni musicali” la sparerei così grossa che sarebbe poco credibile, non so, ad esempio mi piacerebbe fare un pezzo con Kanye West anche se non lo amo come persona, credo sia un genio assoluto. Di realizzabili invece non saprei, anzi forse non li ho proprio perché un sogno dovrebbe rimanere irrealizzabile?

Forse mi piacerebbe fare un live nel quartiere dove sono cresciuto (San Liberale, Treviso), c’è un teatro che hanno rinnovato da poco e tornarci dopo anni sarebbe bellissimo, questo potrebbe essere un sogno, forse anche realizzabile, se il Sindaco acconsente il rap a teatro!