“Che cos’è la bella confusione?”
“Sono io”
– Paolo
La bella confusione è il primo producer album di Paolo Alberto Monachetti, in arte Charlie Charles, disponibile simbolicamente dalle 20:30 del 23 ottobre 2025.
Nel disco viene delineata la bella confusione, ovvero la verità personale e di vita ricercata dall’artista. In questo percorso emerge che la verità possiede molteplici sfaccettature e manifestazioni. Per questo, Charlie sceglie diverse voci per studiarla.
Il tema centrale dell’album è l’incastro tra autenticità e successo: i rischi sono la svalutazione della propria creatività, lo smarrimento della propria sincerità, i dubbi su chi si è davvero. Charlie si sente disallineato, non capisce più il confine tra persona e immagine. Si rende conto che la pienezza materiale del successo è invece vuota: lui aveva già tutto quando viveva nell’umiltà.
In più, nell’album ricerca anche l’amore, per altri e per se stesso. Lo stesso album è un atto d’amore: Charlie Charles frena la sua corsa, il suo scappare da se stesso, per fermarsi a riflettere sulla propria condizione tramite un percorso di 10 tracce.

Il titolo
La bella confusione è un ossimoro: da questa scelta intuiamo la volontà dell’album di sviluppare una riflessione interiore attraverso l’uso dei contrasti. Nel corso dei brani, Charlie trova il suo equilibrio nel caos.
La costruzione strumentale
Dal punto di vista sonoro, La bella confusione è un album a metà tra il mainstream dal respiro sanremese e lo sperimentalismo.
Charlie Charles ha scelto i più diversi linguaggi musicali per esprimersi: dal parlato sostenuto dalla musica, al rap, al cantato pop o urban, al parlato senza musica, alla pura musica strumentale. Questo sperimentalismo ha del merito: è una confusione apparente, un mosaico che sembra sconnesso, che in realtà rappresenta le più svariate sfaccettature della musica e quindi anche della natura umana.
Per il design del suono, Charlie sceglie il pianoforte come perno della composizione. Attorno ad esso si costruiscono in prevalenza strati di suono delicati, con prevalenza di synth leggeri e archi dolci. A questi si affianca una percussione variegata, complessa e fantasiosa. Compaiono in modo episodico anche chitarra e armonica.

I brani nel dettaglio
La bella confusione con Ernia e Madame è il brano di apertura del disco. Si apre con un monologo in riferimento al film 8½ di Federico Fellini, emblematico per la sua profonda riflessione sulla crisi creativa. Il brano introduce il principale tema sviluppato nel disco: l’incontro tra l’ispirazione artistica e il successo, che produce incoerenze nel mondo esterno e profonde discrepanze interiori. Questa confusione resta comunque bella perché riguarda la musica, la più profonda forma espressiva di Paolo.
Paura con Mahmood inizia a riflettere sulla crisi creativa: il protagonista ha paura della fine dei 20 anni perché teme di esaurire le cose da dire. Il brano mostra Paolo che, nonostante abbia tutto, si sente un fallimento. Cerca di scappare dal malessere esistenziale aggrappandosi all’amore, iniziando un circolo malsano che porta l’altro giù con sé.
Attacchi di panico con BLANCO cerca di valorizzare l’introspezione e la fragilità umana. In questo modo, si pone in contrasto col materialismo del successo delineato nel corso del disco. La scelta dell’interprete è azzeccata: BLANCO è un personaggio che si dondola tra gli estremi dell’emotività, dall’equilibrio all’instabilità più esplosiva.
Superstite con Massimo Pericolo è una delle tracce più riuscite, un pezzo rap conscious in cui si delinea un percorso di vita buio e smarrito. Lo storytelling vivido e crudo mette al centro l’umiltà: dalla mancanza di soldi, alle fragilità adolescenziali a causa di una vita scura e persa. Poi la crescita, il lavoro. Il presente, però, diventa stabile grazie ai propri sacrifici. Eppure, il superstite non si sente allineato con la discografia attuale, non riuscendo ad incastrare la propria verità con la costruzione fittizia: “Tutte le volte che vado in radio o che vado in tele / capisco quanto tutto è falso in ‘sto Paese”.
Pericolo con Bresh è un pezzo dall’inaspettato spessore testuale, costruito sulla metafora della strada principale in contrasto col vicolo. Il tema è lo smarrimento: il protagonista raggiunge il proprio traguardo e vuole godersi il frutto dell’impegno. Tuttavia, qualcosa si incrina e dalla grandezza della strada principale si perde in un vicolo. “Pensavo fosse morto il sole ma era l’ombra di un vicolo”: il successo oscura la vera natura di Paolo, che non capisce più chi è. Bella la scelta dell’armonica che accompagna la chitarra: insieme, richiamano il sound country tipico del viaggio.
Una volta in più conta Sfera Ebbasta inaspettatamente su una ballad. Differisce dal brano precedente: in linea con la scrittura trap, non usa metafore, bensì immagini concrete. Anche questa traccia riflette sul prezzo da pagare del successo, su cosa si è perso dal punto di vista umano per averlo raggiunto. Paolo si è fatto accecare dalla sua lucentezza, e solo dopo averlo raggiunto si è reso conto di aver avuto già tutto prima.
Autoritratto ha scelto un’ottima voce per il rap conscious: l’introspezione di nayt. “Sono un uomo o la sua ombra? Vittima dell’ingranaggio”: il mondo discografico presuppone un sistema in cui non ha voce la persona, ma la sua rappresentazione. Paolo vede un autoritratto, un disegno, una versione finta di sé. Non riesce a scendere in profondità e non si riconosce: tutto ciò, lo fa sprofondare nella solitudine.
Paolo è uno skit in cui Charlie Charles dialoga con il suo bambino interiore. La traccia è una sintesi del concept dell’album: i due Paolo si confrontano facendo emergere la necessità di Charlie di accogliere la vita, da cui è scappato chiudendosi nella musica. La verità si può trovare solo immergendosi in essa. In più, deve imparare ad amarsi e ad amare. Il successo lo porta ad avere timore di restare solo, di sparire e della paura stessa: Charlie usa l’album come strumento per accoglierla e non fuggire più.
Ti chiamerò amore con Elisa e Madame è simile a Paura: mostra che distruggersi individualmente porta a demolire anche la propria relazione romantica. Charlie cerca di scappare dalla propria vita, da se stesso, e annienta l’altro nel processo.
Grazie è un brano orchestrale puramente strumentale che costituisce la sintesi sonora dell’album. Sembra l’alba di un nuovo giorno che cresce fino a riempirsi di significato e di vita. Tuttavia, in questo percorso la luce del giorno viene travolta da sfumature e ombre in scala minore che trasmettono inquietudine, malumore e rendono l’atmosfera cupa. Il sound trasmette l’arrivo al traguardo, la gioia di vederlo, che a tratti si rabbuia.

Tra pregi e difetti
Il disco di Charlie ha diversi punti di forza. Ha varietà nella forma musicale e verità introspettiva. La scelta di far raccontare la propria storia a diverse voci era un’impresa difficile, ma il risultato è stato credibile. Anche le voci scelte sono state coerenti con i temi che si volevano sviluppare nei relativi brani. Altro elemento originale è stato lo sviluppo dell’ossimoro già dal titolo, la volontà di mostrare come nel negativo si possa sempre trovare il positivo e viceversa.
Tuttavia, possiamo ritrovare anche dei punti deboli. Dal punto di vista strumentale, i brani più pop come Paura, Attacchi di panico e Ti chiamerò amore, a cui si aggiunge Una volta in più, utilizzano dei giri armonici molto simili tra loro. Sono troppo sfruttati nella musica mainstream, e quindi risultano banali e semplici all’ascolto.
Anche i testi dei brani sopracitati sono meno profondi e di minor spessore rispetto ad altre tracce più introspettive del disco, tra cui quelle rap. Particolarmente evidente è Una volta in più, in cui lo stile narrativo è superficiale e poco maturo. In questo modo, la narrazione perde di intensità.
Alcuni brani si assomigliano dal punto di vista testuale nello sviluppo del tema, tra cui Paura e Attacchi di panico, Paura e Una volta in più. In questo modo può risultare ridondanza.
Altro punto debole è il ripetuto utilizzo dell’artificio della relazione per riflettere su se stessi che appare nelle 4 tracce sopracitate. Questo rischia di far spostare l’attenzione dall’introspezione al romanticismo: in questo disco, l’autoesplorazione è la colonna portante. Il romanticismo sembra creare una parentesi che si discosta dall’incipit iniziale, facendogli perdere la sua profondità.







