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Il 2025 di Willie Peyote: da Sanremo a Elegia Sabauda. L’intervista

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Il 2025 è stato un anno ricco di progetti per Willie Peyote.

Tra i momenti più rilevanti di questo periodo vi è Sanremo, in cui la sua Grazie ma no grazie ha conquistato il pubblico per orecchiabilità e profondità del testo. Durante la settimana del Festival, il 14 febbraio è uscito il suo ultimo album Sulla riva del fiume, disco da 12 tracce che raccoglie la prima parte del progetto pubblicato solo in digitale lo scorso anno e 4 inediti. Al rientro dalla kermesse sanremese, l’artista è partito per un instore tour in esclusiva per Feltrinelli Librerie che l’ha occupato fino alla fine del mese.

Poi, il GRAZIE MA NO GRAZIE TOUR – ESTATE 2025 ha portato il rapper in giro per l’Italia per presentare il nuovo album e festeggiare i 10 anni di Educazione sabauda insieme ai fan.

Infine, il progetto più recente: il lancio del documentario Elegia Sabauda scritto e diretto da Enrico Bisi. Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma il 16 ottobre 2025, ripercorre gli ultimi 10 anni di vita del rapper.

Questa intervista nasce dalla mia volontà di approfondire lo sguardo personale di Willie su queste tappe. Mi sono concentrata principalmente sul suo docufilm uscito di recente, per poi passare al tour estivo, curiosità su Sanremo e su Sulla riva del fiume. Scopriamolo insieme.

La musica e il documentario sono due linguaggi artistici diversi. Che differenza c’è tra raccontarsi con la musica e raccontarsi con un documentario?

Nel caso del documentario, l’idea – e quindi anche la creatività – è arrivata da Enrico Bisi, un mio regista e amico che ha già fatto documentari come Numero Zero sulla storia del rap italiano, che mi era piaciuto moltissimo. Sapendo come lavora ho accettato la sua proposta.

Come ti sei trovato a riguardo, cioè, a cambiare prospettiva?

Per me non c’era problema, sono abituato più vagamente a essere ripreso. Mi ha seguito in vari contesti, tra concerti e altri avvenimenti, anche nella vita privata. Semplicemente c’era una persona in più con una telecamera: il fonico aveva quei microfoni grossi che si usano per il cinema, la giraffa, però per me è stato assolutamente uguale. Non ho avuto grandi differenze, nel senso che poi l’idea era quella di restituire il più possibile la verità e quindi lui ha ripreso ininterrottamente e poi ha selezionato cosa tenere e cosa no. Dopodiché, se la domanda è rivolta a me, io non l’avrei fatto un documentario su di me, – ride – però… l’ha fatto lui.

Willie-Peyote_ph-Chiara-Mirelli-5-1-1024x683 Il 2025 di Willie Peyote: da Sanremo a Elegia Sabauda. L'intervista

Qual è il momento più significativo della tua vita che vedremo nel film di questi dieci anni e perché?

Ci sono alcune riprese del primo concerto di quasi dieci anni fa, di gennaio 2016 al CAP. Fu il primo concerto di presentazione di Educazione Sabauda, che è un momento che ricordo con grande piacere. Ce ne sono altri, ma poi gli altri sono più momenti legati al lavoro, no? C’è Sanremo, ci sono altri concerti, siamo stati anche allo stadio insieme… però devo dirti: un momento che a me personalmente piace è sicuramente il concerto di gennaio 2016 al CAP10100 di Torino. Fu un primo concerto che andò in un certo modo, in cui ci fu del movimento, la sensazione che qualcosa stesse succedendo effettivamente e di conseguenza lo ricordo con piacere. È stato più o meno l’inizio del percorso che mi ha poi portato fino a qua, quindi non me l’aspettavo.

Hai da poco concluso il tuo Grazie Ma No Grazie Tour. Sia il tour che il documentario sono due spazi per poter alzare la voce. Sei riuscito a lanciare anche messaggi sociali con questi due strumenti? In che modo?

Ma guarda, io nelle canzoni che scrivo comunque… “messaggi” magari è una parola grossa, però delle tematiche sociali le scrivo, ne parlo; quindi, è impossibile che poi in un concerto o ancora di più nelle riprese di un documentario non venissero fuori. Fanno parte della mia vita e di ciò che mi piace raccontare, e quindi era inevitabile. Ai concerti è più facile, nel senso che già nelle canzoni ci sono; quindi, non c’è bisogno di prendersi un momento nel concerto per dire delle cose. Io le dico già durante le canzoni, quindi tutto il concerto dice delle cose. Se riprendi un concerto, di conseguenza, ci saranno i messaggi anche nelle riprese, quindi non ho un metodo particolare. È tutto molto naturale per me, fa parte di ciò che scrivo e quindi è un po’ dappertutto.

FAB_4351-1024x683 Il 2025 di Willie Peyote: da Sanremo a Elegia Sabauda. L'intervista

A Sanremo hai avuto il coraggio di portare la critica sociale con Grazie ma no grazie, una canzone allegra, ma non del tutto spensierata nel tema proposto. Che riscontro hai avuto dal pubblico? I tuoi fan hanno capito questa strategia?

Devo dire che fin dalla prima sera la sensazione che abbiamo avuto è che fosse stato capito da tutti, non solo dai miei fan. Ho ricevuto feedback importanti anche da molte persone che non sono miei fan. In generale credo che Sanremo sia esattamente il contesto nel quale ha senso dare una forma leggera e spensierata ad un brano se dentro ci sono dei contenuti un po’ più “pesanti”, credo sia il modo migliore per farli arrivare.

Il brano Sulla riva del fiume che dà nome al disco, a livello metaforico è il posto da cui osservi i cadaveri di chi si svende e si svuota. Per un artista, quanto sono importanti la sincerità, la fedeltà verso sé stessi, e la conservazione della propria identità?

Beh, diciamo che nel brano dico anche che a forza di stare ad aspettare prima o poi vedrò anche il mio di cadavere passare. È più un invito all’ azione che all’attesa.

Posso parlare del mio caso specifico e dirti che per me è molto importante l’idea di coerenza, ancora oggi ogni volta che scrivo penso a cosa ne direbbe il me 18enne che sognava di fare questo lavoro in un certo modo, per me è fondamentale. Ma non so rispondere in senso assoluto, credo che poi ognuno debba seguire ciò che sente. La coerenza se troppo rigida può anche diventare una gabbia. Ognuno trova la sua quadra.

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