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Ghost in the Shell: Un Viaggio Nella Distopia Sonora di Mr Melt e Mad G

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Ghost in the Shell non è solo il titolo di un anime iconico, ma un concept album che attraversa i temi dell’alienazione, della perdita di umanità e del conflitto tra uomo e macchina. Un’opera che nasce da un’intensa collaborazione tra Mr Melt e Mad G, già conosciuti per i loro progetti solisti, ma qui uniti in un viaggio musicale che mescola le sonorità più moderne del rap con riflessioni profonde sul futuro della nostra società.

In un mondo sempre più tecnologico e dominato dall’intelligenza artificiale, il duo cerca di tracciare in Ghost in the Shell una linea sottile tra il progresso e la catastrofe, il miglioramento e la distruzione, in un’opera che fa della sperimentazione sonora il suo punto di forza.

Con Ghost in the Shell, Mr Melt e Mad G non solo esplorano nuove sonorità, ma pongono domande cruciali sul nostro futuro, spingendo l’ascoltatore a riflettere su un tema sempre più attuale: la convivenza tra l’umanità e la tecnologia. In questa intervista, ci raccontano la genesi del progetto, le sfide della creazione del disco e le riflessioni sulla scena rap, tra cambiamenti epocali e la necessità di mantenere l’autenticità in un mondo che sta cambiando rapidamente.

Ghost in the Shell arriva dopo i vostri progetti solisti, The Hanged Man e Follia con Logica. Cosa cambia nel lavorare insieme su un album del genere, rispetto al creare singolarmente?

Dal punto di vista creativo, è molto stimolante e crea una sorta di sana competizione che spinge a mantenere alto il livello. Ovviamente, si deve fare i conti con il fatto che ogni decisione deve essere presa insieme, il che rende tutto un po’ più complicato, ma allo stesso tempo porta a riflettere di più su ogni singola scelta, proprio per il fatto di doverne parlare con qualcun altro.

L’album è un concept che parla di alienazione e perdita di umanità. Come si intrecciano queste tematiche con le vostre esperienze personali e la scena rap che avete vissuto?

Il mondo che viviamo è sempre più simile al mondo distopico di cui parliamo nell’album. Le persone sono sempre meno unite, si vedono sempre meno comitive, e quando ci sono, la maggior parte usa il telefono più di quanto parli. L’individualismo, di cui parliamo in Ghost in the Shell , ci porta ad essere più freddi ed è sempre più difficile trovare tracce di umanità nei comportamenti delle persone. La trasformazione in macchine sembra essere iniziata da parecchio, almeno dal punto di vista mentale…

L’hip hop ha sempre avuto una connessione forte con la realtà sociale. In che modo pensate che l’intelligenza artificiale stia cambiando anche la percezione dell’hip hop come mezzo di espressione?

L’utilizzo dell’IA nella musica e nelle copertine è sempre più frequente. Sembra che, piuttosto che pubblicare qualcosa con più facilità, si sia disposti a togliere l’arte dall’opera. Basta pensare che il mix e il master fatti dall’IA riducono il lavoro di un ingegnere a quello di un semplice algoritmo, escludendolo totalmente da un processo creativo di cui, per anni, è stato parte fondamentale.

La vostra musica è spesso molto eclettica e variegata. Come riuscite a mantenere coesione tra stili diversi senza sacrificare la qualità o il messaggio?

Crediamo che sia proprio la libertà di esprimerci come vogliamo a garantire l’autenticità del nostro messaggio. Non vogliamo essere i rapper che ti dicono di essere meglio di te e che ti insegnano a vivere; portiamo semplicemente le nostre idee e la nostra arte in tutte le sue sfaccettature. Il fatto che Ghost in the Shell sia così vario è solo un riflesso delle nostre personalità e dei vari modi di esprimere il concetto di anima e corpo, tema fondamentale del manga a cui ci siamo ispirati.

La scena rap internazionale è in continua evoluzione. Come vi inserite in questo panorama globale? Cosa cercate di portare di nuovo all’interno della scena rap, sia in Italia che all’estero?

Portiamo il nostro stile e le nostre idee, cercando di evolverci costantemente. Il nostro essere unici individualmente ci permette di portare tracce con stili e approcci diversi, ma con un’idea di fondo comune. La continua ricerca di sonorità diverse, che si sente anche in Ghost in the Shell , ci porta a sperimentare e a scardinare tutti i vincoli che impediscono ad un artista di evolversi.

Nel disco ci sono alcuni temi legati alla salute mentale, che oggi sono molto discussi. Come pensate che l’hip hop possa affrontare questi temi in modo costruttivo e utile per il pubblico?

Il rap è spesso autoanalisi e può aiutare tanto lo scrittore quanto l’ascoltatore. Ovviamente, tutta l’arte va interpretata e serve a fare la domanda più che a dare la risposta, ma condividendo la mia esperienza posso farti riflettere sulla mia situazione e sul mio punto di vista, mostrandoti aspetti che potresti non aver preso in considerazione.

Credo che, anche in dischi come Ghost in the Shell , sia importante affrontare tematiche del genere per far sì che la gente si renda conto di quanto poco sappiamo su ciò che accade nel nostro cervello.

In Ghost in the Shell affrontate la dicotomia tra il potenziale positivo e negativo dell’IA. Pensate che la musica possa essere uno strumento per stimolare una discussione più ampia su questi temi?

Sicuramente non siamo i primi e non saremo gli ultimi a parlarne. La musica apre mondi nella testa delle persone, e chi vedrà i punti in comune tra il mondo di Ghost in the Shell e quello in cui vive si farà sicuramente un paio di domande.

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