Nell’epoca dell’esaltazione gangsta e del rap che va di pari passo con la microcriminalità, Tueff è un rapper che si pone in netto antagonismo con questa visione.
L’artista si è tatuato la targa della Mehari di Giancarlo Siani, giornalista trucidato dalla camorra 40 anni fa. Tueff ha anche registrato il brano Ogni vota, tributo del rapper a Siani e sigla del documentario andato in onda su Rai Tre.
L’artista ci racconta così il tutto:“La mia canzone, con la musica di Luigi Romano ed il prezioso sax di Marco Zurzolo, edita da Suonidelsud di Peppe Ponti farà parte della soundtrack come sigla finale di un meraviglioso documentario. Il mio legame con Giancarlo non può essere spiegato a parole, ma vi assicuro che essere stato all’interno della sua Mehari sotto il cielo di Napoli rimarrà in assoluto un dei momenti più emozionanti e toccanti della mia vita.
La parte più bella di questa storia è quella di essere diventato amico di Paolo Siani, una persona eccezionale che ha trasformato il suo dolore, e della sua famiglia, in amore nei confronti dei più deboli grazie alla Fondazione Giancarlo Siani Onlus”.
Ho deciso di intervistare Tueff perché in un’epoca come quella odierna è fondamentale ricordare a tutti che il rap è ben più che fare la mafietta sui social e spacciarsi per criminali.
Ciao Tueff e benvenuto! Ogni vota è la tua dedica a Giancarlo Siani, sigla finale del documentario in onore del giornalista, andato in onda sulla Rai. Come è nata questa canzone e qual è stato il collegamento tra la tua persona e il documentario?
La canzone è nata qualche anno fa ed un giornalista de “Il Mattino”, Pietro Perone amico di Giancarlo e scrittore del documentario ha proposto la mia canzone al regista del documentario Filippo Soldi, alla produzione la Combo International e alla Rai ed è stata scelta, piaciuta al punto tale da essere utilizzata anche per lo spot Rai.
La cosa non era scontata in quanto questa seconda scelta era solo di competenza Rai e dei tecnici che in sede di montaggio avrebbero scelto tra le musiche e le altre canzoni presenti nel documentario.
Giancarlo Siani, un giornalista che ha lottato per smascherare un’entità come la camorra. A distanza di 40 anni, il suo ricordo è ancora vivido nei cuori dei partenopei?
Secondo me non sarà mai fatto abbastanza per ricordare la memoria di Giancarlo, ma la sua famiglia, il fratello Paolo in primis ed oggi i nipoti, Ludovica e Giampiero, fanno tanto per ricordare tutte le vittime innocenti della criminalità ed aiutano le famiglie bisognose con la Fondazione Polis, grazie all’aiuto di Geppino Fiorenza, e con la Fondazione Siani.
Quando pensi, o almeno io di getto, a Giancarlo e quello che è stato, non ti immagini un ragazzo di 26 anni normale con una famiglia che gli voleva bene, perché chi ragazzo di 26 anni avrebbe fatto ciò che ha fatto Giancarlo Siani per amore della sua professione e della verità?
Il fratello Paolo invece di chiudersi nel suo dolore, anche giustamente, ha preferito combattere le ingiustizie e le illegalità in modo diverso, ma lo stesso efficace, ricordando Giancarlo in ogni modo possibile e mettendosi dalla parte dei più deboli aiutandoli concretamente.
Oggi nel rap è diventata una prassi elogiare un certo status quo derivato dall’esaltazione della micro criminalità. Tu hai preso posizione tatuandoti la targa dell’auto dove fu ucciso Giancarlo, una visione completamente all’opposto. Questo cambiamento radicale di mentalità da cosa deriva secondo te?
La criminalità è una cosa seria ed il 90% di questi pseudo gangster, il carcere lo hanno visto solo da lontano. Secondo me chi parla di criminalità senza saperne niente, offende anche chi per sfortuna o per scelta, ha intrapreso la strada della criminalità, scelta non condivisibile, ma che andrebbe analizzata caso per caso, perché altrimenti si fa l’errore di additare una parte di popolo o di territorio come il Sud che sembra il male di tutto quando poi i “colletti bianchi” passano per i buoni, ma soltanto perché non si sporcano le mani?
Ci sarebbe tanto dire, ma in conclusione rispetto tanto chi racconta quello che vive in prima persona o quanto meno di cose a lui vicino, perché puoi possedere tutta l’empatia di questo mondo, ma se oggi non posso mangiare sono io che sto con lo stomaco vuoto, non chi racconta la cosa che potrebbe servire a sensibilizzare, ma che non sarà mai real come chi la vive.

Il rap impegnato che si schiera e funge quasi da “giornalismo musicale” è una peculiarità che dovrebbe essere insita nell’hip hop o è una caratteristica non essenziale?
Di base sappiamo perché è nato il rap, e quindi anche distaccandoci un attimo dall’hiphop, un testo di una qualsiasi canzone che non abbia nulla da dire per me non ha motivo di esistere.
Mi spiego meglio tornando al rap: puoi anche essere il più super tecnico del mondo ma alla lunga il “no sense” stanca, puoi apprezzare la tecnica, la chiusura estrema, i trick, ma poi se non mi dici niente mi hai fatto “pariare” in quel momento, ti rispetto e ti faccio il “whoooo” perché sono un malato della cultura hip hop, ma ho anche la consapevolezza che quella cosa è fine a se stessa ed invece penso che il conscious sia fondamentale.
Credo che alla fine scrivere del proprio vissuto è più bello, ma questa è una mia opinione condivisibile o meno. Eaccontare qualcosa che porti alla riflessione l’ascoltatore è più costruttivo ed interessante
Tueff, quando hai deciso di tatuarti la targa della Mehari di Giancarlo Siani e poi dedicargli una canzone, qual è stato il fuoco che bruciava nella tua anima?
Una spinta interiore che non si può spiegare, la stessa spinta che mi ha portato sul Vesuvio nel 2017 per spegnere gli incendi insieme a pochi altri amici prima di tutti gli interventi “ufficiali”.
Il tutto nacque in modo casuale e nemmeno avrei voluto tutto questo clamore attorno a questa cosa che era stata una mia scelta intima ma che ad un certo punto non è stato più possibile arginare.
Mi spiego meglio: durante un’ intervista con una giornalista del Corriere Del Mezzogiorno, durante una pausa, non ricordo come uscì il nome di Giancarlo ed io come lo si può dire ad un amico le feci: “ Giancarlo Siani? Io ho tatuato la targa della Mehari”, ma così capisci?
Molto sciolto, senza immaginare nemmeno quello che si fosse sviluppato. A quel punto lei stupita mi mise in contatto con il fratello Paolo che io prima di allora non sapevo nemmeno esistesse, perché per collegarci alla prima domanda quando pensi a Giancarlo non pensi ad un ragazzo normale, che poi Giancarlo normale non era. Lui era un “Giornalista – Giornalista”
Secondo te, oggi chi sono i Giancarlo Siani? Come valuti il lavoro di un Roberto Saviano al confronto?
Non ho elementi sufficienti per parlarti di Roberto Saviano, ma sicuramente Giancarlo è unico, ma credo che sull’ unicità di Giancarlo sarebbero d’accordo tutti, anche lo stesso Saviano.
Sei un rapper e producer. Mi racconti cosa pensi dei rapper italiani e dei produttori del nostro paese? Pro e contro di entrambi?
Nell’ era dei like, degli stream e dei follower non mi viene da esprimere un parere sui singoli oppure nel redigere una classifica, mi sfuggirebbe sicuramente qualcuno perché di bravi in giro ce ne sono tanti.

Ti posso dire che io vivo nel segno delle due “M”: la M di maestro che per me è Shaone, e quella del Mostro di Speaker Cenzou. Il mio non è campanilismo, infatti ti dirò che non sono d’accordo quando si parla dei napoletani come quelli più forti i più bravi più belli.
Per me non è assolutamente vero, si può sicuramente affermare che il napoletano come lingua è più musicale, ma questo non vuol dire che chi fa rap in italiano non sia bravo o che l’italiano non si presti.
Ci sono rapper italiani che ammiro, come Primo Brown che resterà immortale. Lo conobbi in radio e fare rap con lui fu molto bello. Purtroppo esiste anche molta disinformazione e ci vorrebbero più portali come i vostri con anche più potere mediatico per fare una giusta informazione.
Su alcuni giornali “normali” mi è toccato di leggere nello stesso articolo nomi di cabarettisti accostati al rap solo perché 30/40 anni fa hanno fatto un qualcosa in rima, con nomi che io apprezzo.
Oppure si cerca di trovare dei fondatori del rap in quelli che possono essere stati sicuramente dei grandi innovatori napoletani ed italiani della musica, ma che con la cultura hip hop non c’entrano un cazzo!
Che tu sia nato a Napoli, a Pechino, a New York o in Kenya, i fondatori i progenitori della cultura hip hop sono DJ Kool Herc,
Afrika Bambaataa, KRS-One e via via gli altri.
Questo andrebbe sempre ricordato, ma chissà perché sembra che di rap e di Hip Hop possano parlare un po’ tutti.
Per quanto riguarda i progetti futuri, stai pensando ad un EP/album da sviluppare?
A breve uscirà qualcosa e con i miei fratelli di viaggio DopeOne e Jegg qualcosa sempre si farà perché l’hip hop è parte di noi e senza il quale non si può vivere. Ci sono giorni che se non accendo campionatori e PC, mi sembra un giorno vuoto un giorno sprecato.







