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Michael The Skillerz presenta Barsminator – L’intervista

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Michael The Skillerz, all’anagrafe Micheal Ducoli, è un rapper bresciano classe 1991, attivo come rapper dal 2007.

Nel 2008, insieme al rapper Enne (Matteo Truppa), fonda la Hero Crew, un collettivo di rapper camuni a cui si uniscono Brain Trip (Mario Nani) e MC Dheas (Paolo Bassi).

Con il gruppo pubblica tre mixtape: Ipse Dixit (2009), Fuck The Haterz (2010) e Mind From da Space (2011). Dopo lo scioglimento del gruppo, interrompe le pubblicazioni.

Torna sulla scena nel 2023 con il suo primo album solista ufficiale: “The North Wild Spirit“, registrato, mixato e masterizzato al Napi Records Studio di Braone. Nel settembre dello stesso anno partecipa anche alla prima edizione del Bataklan Music Festival, vincendo il primo premio.

Nel gennaio 2024 pubblica il suo secondo album ufficiale, “Edgar Allan Flow“, sempre in collaborazione con Napi Records. Nello stesso anno partecipa e vince il contest “Keep The Gung Up 2” di Upgang in collaborazione con la pagina “II Rappuso” e raggiunge la finale nazionale del Tour Music Fest, esibendosi dal vivo nella Repubblica di San Marino.

Nel febbraio 2025 pubblica il suo terzo album solista intitolato “Aeternum” e fonda il collettivo Camoonia Finest insieme ai rapper camuni: Diego Drama, CAPA e Zecron.

Il 2025 è anche l’anno del suo quarto album solista intitolato “Barsminator“, pubblicato il 19 settembre per Believe Italia sotto la storica etichetta Vibrarecords. 

Barsminator è un progetto dissacrante, tagliente e dai toni hardcore. Ascoltando il disco, ho deciso di contattare Mike per proporre un’ intervista ed approfondire i temi dell’album. Prima di passare all’intervista, schiaccia play e goditi il viaggio! 

Ciao Mike benvenuto e grazie! Barsminator è il tuo nuovo progetto. Qual è la principale differenza tra questo e i tuoi lavori precedenti? Perché le persone dovrebbero soffermarsi sul disco?

Yo man! Grazie a te! Ti direi che i miei primi due dischi erano un po’ degli ibridi tra il rap conscious e il rap hardcore, li ho pensati come se fossero una presentazione al pubblico, una sorta di biglietto da visita.

Il terzo, quello uscito a febbraio di quest’anno, è un disco profondamente conscious, dove vado a mettermi davanti ad uno specchio cercando di psicanalizzarmi, è molto personale e intimistico.

Con questo disco qui invece ho fatto il lavoro inverso, invece che guardarmi dentro ho buttato tutto fuori, le punchline sono ampiamente predominanti, il sound è più spinto e più immediato, direi che questo è un disco per la gente a cui piace il rap vecchio stampo, il boombap, le rime belle pesanti ed ironiche. Se vi piace tutto questo penso proprio che Barsminator sia il disco che fa per voi: pochi fronzoli, tanta sostanza.

L’album è un chiaro intento che si oppone all’industria discografica odierna e tutto il business che gli gravita attorno. In questo scenario, che ruolo hanno pubblico ed artisti?

Io purtroppo vedo una situazione critica su entrambi i fronti, gli artisti, intesi come scena, sono diventati estremamente individualisti, più ti avvicini al mainstream e più la situazione peggiora, ma anche a livello di underground c’è molto snobbismo, e questo va al contrario di quello che la cultura hip hop ci insegna.

Spesso i giovani artisti inseguono solo la moda del momento e non si soffermano a studiare la cultura o a cercare di costruire la loro identità, vogliono bruciare le tappe e per farlo copiano il sound del momento, gli artisti più “anziani” invece fanno quadrato tra di loro e spesso si isolano nelle loro cerchie, senza tramandare la cultura, senza provare a crescere i giovani, anzi, a volte ostracizzano pure.

Insomma, c’è molta divisione e questa va tutta a discapito poi della musica. Il pubblico invece è diventato troppo pigro e manipolabile per avere un peso reale all’interno dell’equazione. In Italia in tantissimi ascoltano il rap, in pochi conoscono l’hip hop.

IMG_3782-1024x683 Michael The Skillerz presenta Barsminator - L'intervista

Questa è la mia visione delle cose quantomeno. Poi ovviamente e direi anche per fortuna ci sono anche varie piccole realtà che fanno eccezione, ma purtroppo sono troppo piccole e sparse per smuovere realmente qualcosa, a meno che non ci si unisca e si decida di proseguire tutti sulla stessa strada.

Nell’album, utilizzi tantissime citazioni mitologiche, filmiche, letterali. Si nota lo studio e la ricerca lirica. La scrittura nel mainstream è troppo edulcorata da canoni preimpostati? Perché le skill  rivestono un ruolo marginale all’interno del rap game che fa grandi numeri?

La scrittura nel mainstream è studiata per essere più immediata e più facile possibile, il mainstream trangugia tutto ad una velocità folle e non ha tempo né per lo studio né per la profondità, deve arrivare a tutti, il più velocemente possibile e deve essere facile da capire.

Ormai la musica, intesa come mainstream, sta diventando un sottofondo, non deve impegnare l’ascoltatore, deve accompagnarlo mentre fa le sue faccende, l’unica cosa che conta è che generi profitto e possibilmente anche immediato.

Questo porta gli artisti a banalizzarsi ad un livello che sfiora quasi il trash, l’importante è che arrivi il bonifico, che le radio trasmettano i pezzi, che pinco pallino di turno dica dallo schermo della tv che la musica spacca e l’artista x è il migliore del momento.

Secondo me molto degli artisti mainstream non si mettono lì nemmeno più a scrivere i testi in prima persona, anche se spero di sbagliarmi… Ma non credo.

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Il rap sta perdendo contatto con la sua essenza, ma non da oggi. Sono ormai 10 anni che la speculazione, i talent, la voglia di fare carriera e il pop o la finta trap stanno distruggendo alla radice la cultura hip hop. In tempi così nefasti, qual è la cura al veleno?

L’unica cura al veleno è che gli artisti, innamorati di questa musica, facciano quello che li diverte, fregandosene altamente sia dei canoni, sia dei numeri, sia della carriera.

Serve anche che gli artisti che hanno la stessa visione di questa musica uniscano le forze, perché lottare da soli contro un sistema così complesso e strutturato è impossibile, ma farlo in gruppo semplifica le cose, specialmente se il gruppo è molto folto ed è composto da persone che sanno benissimo cosa vogliono fare.

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Ascoltando il progetto, noto molta conoscenza della cultura giapponese. Non credi che nel rap game italiano, la creatività venga troppo ovattata dalla superficialità?

Ma si assolutamente, è tutto figlio dello stesso discorso che facevamo prima, gli artisti se vogliono guadagnare facendo musica devono barattare la loro libertà artistica, la loro creatività e la loro stessa identità di artista, ed è per questo che abbiamo una marea di artisti che sembrano fatti con lo stampino.

L’ispirazione dal gangsta rap ormai ha trasceso i confini della realtà. Intrattenimento ed aura da videogiochi : è tutto uno spettacolo social. L’Arte come può sopravvivere a questo scempio?

L’arte sopravvive solo dove c’è libertà di esprimersi, dove gli artisti seguono le proprie regole e le proprie competenze, senza cercare di sforzarsi di proporre solo quello che vende di più al momento.

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Adesso la moda è questa: foto sulle lambo con pacconi di soldi in mano, ma al microfono poi sono le skills che scarseggiano. Per quanto mi riguarda preferisco arrivare a una jam con le scarpe del discount e la macchina scassata, ma lasciare il pubblico soddisfatto di quello che gli ho cantato che non viceversa. In fondo mi interessa solo la musica.

Il tuo progetto è anche un po’ un atto di ribellione. Le vere rivoluzioni partono dall’interiorità di ognuno di noi oppure sei convinto che l’esteriorità sia una priorità in tal senso?

Rimango convinto che prima di tutto ognuno deve trovare una strada propria, capire cosa vuole, conoscersi e conoscere i propri limiti e punti di forza.

Quando poi ci accettiamo per quello che siamo allora possiamo trovare anche la forza per fare le rivoluzioni, a patto che altre persone abbiano fatto lo stesso percorso interiore e siano pronte a mettersi in gioco nella stessa maniera. Perché le rivoluzioni partono sì da noi stessi, ma non si possono mai fare da soli.

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 Riguardo al sound del disco, da cosa sei partito e qual era il tuo preciso intento?

L’unica idea da cui sono partito per definire il sound di questo disco è stata quella di fare solo quello che più mi piace, che più mi diverte, che più mi gasa sia da fare che da ascoltare.

Il mio amore per il boombap ha fatto tutto il resto. Ad alcuni piacerà, ad altri meno, ad altri potrebbe pure fare schifo, ma nel bene o nel male questo disco mi rappresenta, quello sono io, con i miei pregi ed i miei difetti, e se lo riascolto mi ci ritrovo ogni volta ed ogni volta mi esce un sorriso. Questa secondo me è la cosa più importante.

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