Un anno dopo l’uscita di “BLACK”, 600 €uro torna a raccontare la sua verità, stavolta insieme al producer mantovano Ray Back
. Il risultato è “/2”, un progetto che mette in dialogo due mondi – Torino e Mantova, la penna e il beat, il giorno e la notte – per parlare di vita reale, quella che si vive e non si racconta per sentito dire.
In “/2” non c’è posa né finzione: c’è la periferia, ci sono le corse contro il tempo, le ansie, la fame e i momenti in cui tutto sembra fermarsi. 600 €uro usa la scrittura come specchio, Ray Back costruisce il suono come rifugio e campo di battaglia. Insieme danno vita a un progetto sincero e spoglio, dove ogni parola e ogni suono pesano quanto la realtà che li ha generati.
Li abbiamo intervistati per farci raccontare cosa significa oggi rappresentare Torino, costruire musica indipendente e restare veri in un panorama che spesso dimentica da dove viene.
600 €uro, quanto conta per te portare la voce di Torino e di Mirafiori dentro un progetto come “/2”?
Mi rendo conto di citare spesso Torino e il mio quartiere nelle canzoni, però se devo essere sincero non c’è in me un forte senso di appartenenza o campanilismo.
Se ci penso lucidamente sono state tante le volte in cui sarei voluto scappare da dove vivo e altrettante quelle in cui ho deciso di restare.
Diciamo che è “la realtà che mi ritrovo” nel bene e nel male, e mi viene spontaneo nominarla.
“/2” è diviso tra giorno e notte: in quale dei due lati ti senti più a casa?
Se dico che non mi sento a casa in nessuna fase della giornata risulto tanto preso male? A parte l’ironia, diciamo che mi appartengono entrambe. Facciamo che mi sento più rappresentato dal pomeriggio, così non accontentiamo nessuno.

Nelle tue rime c’è sempre molto vissuto: quanto c’è di autobiografico e quanto di universale in questo disco?
Beh ti ringrazio, non so se c’è del vissuto ma se c’è sono contento che arrivi a chi ascolta. Scrivo sempre partendo da me ma immaginando che qualcuno ritrovi se stesso in ciò che scrivo. Non saprei dire sei i miei brani suonano più personali o universali, sicuramente se si crea questa connessione tra chi scrive e chi ascolta ne sono felice.
Qual è stata la sfida più grande nel creare un progetto così “spezzato” ma allo stesso tempo coerente?
Trovare il tempo di scriverlo, i soldi per registrarlo e non farsi prendere dall’ansia di cancellare tutto quando è stato il momento di pubblicarlo.

(Per Ray Back) – Nei tuoi beat si sente sia l’underground che la ricerca di nuovi suoni: come hai costruito l’atmosfera di “/2” e cosa volevi trasmettere?
Esatto, l’underground sicuramente è ciò che satura il mio stile di produzione (e non) ma sono sempre alla ricerca di dare un suono “nuovo” quasi alternativo; voglio essere l’alternativa a tanto altro, non il migliore, né il più forte, e nemmeno il più bravo se dobbiamo dirla tutta, ma un sound che sia vero, crudo e senza illusioni.
La fama, lo show, il business e tutto ciò da cui cerco di allontanarmi.
Sono cresciuto in una piccola piccola provincia (MN) di campagna, dove la gente passa il tempo a sparlare, guardarti e ubriacarsi. Vige la legge del più silenzioso. È così che sono cresciuto, lontano dagli sguardi sottili delle serpi, creandomi un suono tutto mio, insieme alla mia vecchia crew dove potevamo essere chi eravamo e fare ciò che ci piaceva di più. Questa è la mia filosofia che adotto nel produrre; che sia rap, trap, jazz, techno o hardcore.







